Centro Sociale l'Asilo G. Macchniz
La morte di Gino Macchniz ha colpito profondamente la comunità Ancescao di Pesaro e delle Marche.
Gino è stato l’ideatore e il costruttore del primo centro sociale di Pesaro, lottando perché il Comune concedesse l’edificio, un ex asilo, dove poi nascerà il centro sociale “L’Asilo”. Da li si farà promotore della nascita di altri centri, in quel luogo nascerà Ancescao-Pesaro e, successivamente, Ancescao-Marche. Aveva 82 anni. Gino era fiero di tutto questo e si informava sempre di come si sviluppava l’Associazione. Fino all’ultimo è stato presidente del suo funzionalissimo Centro, stimato da sempre da parte dei suoi circa 800 soci.
Ma Gino non è stato solo questo. L’ho conosciuto quando, io ero un giovane dirigente del PCI, veniva a protestare perché riteneva che il suo partito, lo stesso del mio, dovesse difendere maggiormente il diritto alla caccia. E questa era la sua altra grande passione: la caccia e la pesca, insieme, purtroppo, alla sigaretta. Prima di loro venivano l’amore per la sua famiglia: la moglie Walda, le figlie e nipoti di cui andava fiero. Non c’erano discussioni: Gino con la sua Ape o era a caccia o a pesca o parcheggiava davanti al Centro Sociale. Gino era così: un combattente, pieno di gioia, di vita. E combattente lo era stato dav-vero da giovane partigiano nelle montagne dell’Appennino toscano. Aveva visto la morte in faccia.
Preso dai nazisti in un rastrellamento, fu messo davanti ad un plotone di esecuzione assieme ad altri. Un attimo di incertezza e Gino scappava lungo la montagna innevata, inseguito dalle pallottole. Fu però colpito da una bomba al fosforo lanciata da un aereo tedesco che lasciò segni indelebili nel suo animo e nel fisico. E Gino con ironia raccontava la sua avventura e di come quel fosforo non finiva mai di bruciare, e ritornato sfigurato, con incredibile forza, tra i suoi compagni questi continuavano a domandargli: ma tu chi sei?. Era stato ricoverato poi in un ospedale militare americano,bendato come una mummia e i medici, che non avevano capito chi era, quando seppero che era italiano e in più partigiano e comunista, lo cacciarono. Non dimenticherà mai questa parte della sua vita.
Ma sapeva cosa era l’ironia e quando andammo a Wolfsburg per preparare un gemellaggio con un centro italiano in Germania, ricevuti con grande ospitalità, alle autorità comunali sbigottite si rivolse con un: “vi ricordavo peggiori, sono venuto con un pò di prevenzione ma è ora di fare pace”. Ci ha lasciato avendo preparato, scrupoloso e preciso, anche il suo funerale. Ed ha avuto quello che voleva: l’affetto e il saluto di tanta gente, la presenza del Sindaco e del Presidente della Provincia e la Banda Musicale che, in sosta con il corteo funebre davanti al Suo circolo, suonava “Bella Ciao.” e “Fischia il Vento”.
Ed ha avuto anche un’altra vittoria. Gino, come diceva spesso, era credente ma non praticante anche perchè aveva subito come la più grande offesa della sua vita il rifiuto del matrimonio religioso per le sue idee. E nella Chiesa affollata il parroco ricordando la loro amicizia , le lunghe frequentazioni e il comune impegno sociale, rivolto a Gino gli ha detto le parole che avrebbe voluto sentire: “Gino se la Chiesa ti ha offeso oggi ti chiede scusa”.
Il sindaco di Pesaro nel salutarlo ha detto: “Gino senti le note di Bella ciao? E’ con quelle ti diciamo anche noi ciao”. Mai un saluto, credo, fu più gradito e condiviso.